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244 | la timidezza |
saltazione e la sottigliezza dei sentimenti, si produce la coscienza d’essere originali, la presunzione d’essere rari ed unici; coscienza e presunzione che sono comuni a tutti i romantici.
Da questa idea della propria singolarità, i timidi sono spinti ad isolarsi; e la solitudine, se da una parte genera egoismo, procura dall’altra aspirazioni nobili ed alte. Giacchè la timidezza ha del buono e del cattivo: è una disposizione morbosa, ma anche una crisi normale, e pertanto può essere incoraggiata e combattuta, secondo i casi. Come difficoltà di adattamento, essa è un fatto ordinario. L’uomo non nasce con la scienza della vita; questa scienza dev’essere appresa a poco a poco: tutte le volte che noi abbiamo il sentimento della nostra imperizia siamo intimiditi, la qual cosa, naturalmente, ci accade molto più spesso nella fanciullezza che non nella maturità. E come stimolo a vincere le difficoltà che ci si presentano, a riflettere sui nostri atti, a saperli adattare al conseguimento dei fini, la timidezza è giovevole. Il timido non è sempre inventivo; ma chi non prova mai difficoltà di sorta è sempre un mediocre imitatore degli altri. Esser sicuri di sè stessi è senza fine preferibile ad esser timidi; ma la sicurezza vera e degna dell’uomo non è quella che dipende dalla cecità mentale o morale, o della presunzione;