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il genio e l’ingegno 209

Si metteranno al manicomio, o si sopprimeranno, come a Sparta i deboli e contraffatti? No, certamente. Si cureranno le malattie delle quali sono infermi? Neanche, se le malattie sono lo scotto e la condizione del genio, se sono lo stesso genio. Allora, che cosa si farà? Niente, o ben poco. I genî non saranno soltanto ammirati, ma anche compatiti; non soltanto lodati per la loro grandezza, ma anche biasimati per le debolezze e gli errori; la qual cosa, in verità, si è fatta sempre. Alcuni, tuttavia, combattono la teoria del Lombroso perchè temono precisamente che sia diretta, o possa portare a comprimere, a deprimere i sentimenti d’ammirazione che il genio eccita nella mediocre e infima umanità, e a scemarne l’importanza sociale. E ciò che dice, per esempio, il Roncoroni, potrebbe avvalorare il timore. Questo studioso, che il Lombroso cita a titolo di lode, afferma che il genio, il genio quale si è manifestato finora, «non è la più elevata espressione della specie. Infatti, in esso si trova un grande sviluppo di alcuni elementi psichici che, per quanto elevatissimi, non sono, per le necessità del consorzio civile, e conseguentemente per il progresso della specie, così necessarî come quegli elementi, filogeneticamente più evoluti, che in lui vediamo alterati». Ciò significa che la grandezza del genio è poco im-