Pagina:De Roberto - Il colore del tempo.djvu/211


il genio e l’ingegno 203

come tra due fanciulli posti nelle identiche condizioni, educati allo stesso modo, mandati a frequentare la stessa scuola, appariscano attitudini, vocazioni, tendenze diverse ed opposte: il fatto si ripete ogni giorno sotto i nostri occhi, e non si può spiegare senza ammettere quelle doti innate, quelle capacità originarie che il Nordau disconosce. La vocazione per una determinata attività è il più delle volte, a suo giudizio, una cosa tutta negativa; in altre parole: un giovane si mette a studiare, per esempio, la matematica, non già perchè si senta chiamato alla scienza, ma perchè è negato all’arte. Ora queste repugnanze, che sarebbero l’origine delle vocazioni, il Nordau le spiega con una deficienza organica, con una mancanza di sviluppo. Per non voler concedere un sostrato organico alle attitudini, egli lo ammette nelle inattitudini. È lecito dubitare dell’utilità di questa sostituzione e credere che sarebbe stato più semplice assegnare un fondamento anatomico alle capacità.

Negate le naturali qualità dell’ingegno, egli le riconosce nel genio, ed afferma che l’uomo di genio differisce dall’uomo normale per uno speciale sviluppo di due centri cerebrali: i centri del giudizio e della volontà. Ma dove siano e come siano fatti questi centri, egli non dice