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158 | due civiltà |
nuto da solo, senza sussidio straniero, a un’altezza morale e a un ordinamento sociale degni di molto rispetto, non si può ragionevolmente negare. A chi lo considera come barbaro, sublimando invece le idee, le abitudini, i costumi nostri, il colonnello Tcheng-ki-tong dà pertanto qualche lezione molto sottile.
«Gli esempî dei sacrifizî abbondano nella nostra storia nazionale. Così taluno si spoglierà del proprio vestito per darlo all’amico povero incontrato per via. Questo caso è molto frequente; ma i caritatevoli non sono da noi santificati come San Martino...». Fare il bene, in Europa, è cosa straordinaria e meravigliosa; in Cina assistere gli amici è un uso, non una virtù.
«Io ho tentato di spiegare ai miei compaesani che cosa s’intende per matrimonio di convenienza; essi hanno sempre capito che fosse un atto di commercio, un affare...». Questa botta è tanto più felice, quanto che in Cina i matrimonî si fanno dalle famiglie, senza che gli sposi si conoscano prima del giorno delle nozze; ma tutto lo studio dei parenti è di sceglier bene, badando alle qualità morali, e non alle doti. E i matrimonî si fanno senza assistenza di autorità civili o religiose, solo dinanzi alle famiglie degli sposi, agli amici e a Dio, — quasi come vorrebbero i fautori