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134 il femminismo

rano: obbligano le donne a lavorare per essi. Quando ciò accade perchè essi sostengono le più gravi fatiche della guerra contro i nemici o contro le forze naturali, nulla di più giusto: le cose, allora, stanno press’a poco come nelle società civili, dove le donne lavorano per gli uomini in casa, e gli uomini per le donne fuori di casa, attendendo, invece che alla guerra, ai commerci, alle industrie, alle professioni. «Non è il caso,» dice l’Albert, citando l’autorità del Geddes e del Thomson, «di vituperare scioccamente, come fanno la maggior parte dei femministi, il selvaggio che resta sdraiato, al sole, intere giornate, di ritorno dalla caccia, mentre la donna sua, pesantemente chinata, macina e lavora senza lamento e senza tregua; anzi, tenendo conto degli estremi sforzi che costa a lui la lotta incessante contro la natura e i proprî simili, per il nutrimento e la sussistenza, e tenendo conto della conseguente necessità di utilizzare ogni occasione di riposo per rifarsi e vivere la sua vita tanto corta e precaria, ma indispensabile alla donna ed ai figli, si vedrà che questa grossolana economia domestica è la migliore, la più morale, la più umanamente praticata, date le circostanze». Ma dove gli uomini costringono le donne a mantenerli senza far nulla, o lavorando meno di loro, essi infrangono la legge naturale;