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la filosofia di un poeta 109

cersi che i momenti più invidiabili, in una felicità umana, sono i più semplici».

Sarà pertanto da lodare la prudenza? No; o, se non altro, è da biasimare la prudenza bassa di chi aspetta accanto al fuoco una felicità che non verrà. «Non chiamiamo saggio colui che, nel dominio dei sentimenti, non va infinitamente oltre ciò che la ragione gli permette e che l’esperienza gli consiglia di aspettarsi. Non chiamiamo saggio l’amico che non si abbandona all’amico perchè prevede la fine dell’amicizia, o l’amante che non si dà interamente per paura di annichilirsi nell’amore». Bisogna vivere, agire; ma «la sola cosa che ci resta dopo il passaggio dell’amore, della gloria, di tutte le avventure, di tutte le passioni umane, è un sentimento sempre più profondo dell’infinito, e se questo sentimento non è restato, nulla ci è accaduto». Sarà lodevolissimo fare di tanto in tanto un’azione eroica, «ma è più lodevole ancora, e richiede una forza più costante, il non lasciarsi mai tentare da un pensiero inferiore.... È più facile fare talvolta un gran bene che non far mai il minimo male; far talvolta sorridere, che non far piangere mai».