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la filosofia di un poeta 97

ventano concrete: «L’orizzonte della disgrazia, contemplato dall’alto d’un pensiero non più istintivo, egoista e mediocre, non differisce sensibilmente dall’orizzonte della felicità contemplato dall’alto d’un pensiero della stessa natura, ma d’un’altra origine. Poco importa, del resto, che le nubi moventisi laggiù, ai confini della pianura, siano tragiche o leggiadre: ciò che acqueta il viaggiatore è l’esser giunto a un luogo elevato, dal quale discopre finalmente uno spazio infinito...». E le idee si personificano, si muovono, parlano, agiscono: «La ragione, che è la figlia primogenita della nostra intelligenza, deve sedersi sulla soglia della nostra vita morale, dopo aver dischiuso le porte sotterranee dietro le quali sonnecchiano prigioniere le forze vive.... Il destino non resta sempre in fondo alle sue tenebre; ha bisogno, a certe ore, di vittime più pure, che afferra scotendo nella luce le sue grandi mani gelate.... Il sacrifizio può essere un fiore che la virtù coglie passando; ma non per coglierlo essa si è posta in cammino.... L’anima non può esser ferita se non dalle stesse armi che non ha ancora gittate nel gran rogo dell’amore...».

Questa è poesia pura, non ragionamento. Il filosofo intende bensì la necessità di essere più chiaro e di definire esattamente le cose; ma il