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la filosofia di un poeta 95

porte fossero più basse, le scale meno lunghe, le gallerie non tanto profonde che gli sguardi vi si perdessero...». E così via: noi vediamo realmente un uomo che prende possesso di un gran palazzo; non già il saggio che ricerca ed ammette tutto ciò che esiste.

Altre volte il paragone diventa una specie di parabola: l’uomo di buona fede che rientra in sè stesso dopo gli errori e le disgrazie, è come «il padre di famiglia che, verso sera, finito il lavoro, se ne ritorna a casa. Può darsi che i figli piangano, che giuochino a giuochi devastatori o pericolosi, che abbiano disordinato i mobili, rotto un bicchiere, rovesciato una lampada; si dispererà egli perciò? Certo, sarebbe stato preferibile che i figli fossero rimasti tranquilli, che avessero imparato a leggere e a scrivere; ma qual padre ragionevole, tra i più acri rimproveri, potrà trattenersi dal sorridere voltando la testa dall’altra parte? Costui non condanna le manifestazioni della vita un poco folli. Niente è perduto, finchè egli tiene con sè la chiave della casa protettrice...».

E le immagini, anche quando non si associano in tanto numero da formare un quadro o una storia, abbondano, pullulano. «La statua del destino proietta un’ombra enorme nella valle che sembra così inondata dalle tenebre; ma que-