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18 gli amori


Ma da quel giorno egli non la lasciò più in pace, cupido di sapere. Le descriveva con calore la divina bellezza del militare, le domandava se lo avrebbe amato; ella rispondeva che le persone non si amano così, per averle viste a pie’ d’una scala. Le diceva ancora:

— Se io sembro una marionetta, vicino a lui, come ti posso ancora piacere?

Ed ella rispondeva:

— Tu non mi piaci soltanto, ti amo.

— Riconosci dunque che è più bello di me?

— È bello come una statua. Le statue s’ammirano, non si amano.

— Se non amassi me?...

— Che idea!

Gli sfuggiva; ma Raeli sentiva che in fondo al pensiero di lei c’era qualcosa che ella non diceva, che non voleva dire. Naturalmente la paura di offender l’amato, di perdere la stima di lui, la vergogna e il morale pudore le impedivano di rivelare il proprio sentimento, di confessare che la sola venustà della forma bastava ad accendere il suo desiderio. Ermanno voleva però ad ogni costo ottenerne la confessione. E una volta, in uno di quei momenti che ogni pudore è dimenticato e la sincerità trionfa di tutte le vergogne, dopo aver ripreso a descrivere, ammirato, la bellezza del militare, egli le domandò improvvisamente, prendendole una mano, guardandola negli occhi:

— Ascolta: se io partissi, se tu non avessi più notizie di me, se fossi come perduto, come morto per te; se in queste condizioni tu ti trovassi sola con lui e se egli ti cadesse ai piedi, che cosa faresti?...

Ella liberò la mano dalla stretta, chiuse gli occhi, portò le mani agli occhi chiusi, stette un istante così, in silenzio, come per raccogliere tutta la propria pazienza contro l’offensiva insistenza dell’amico suo; poi, molto piano, rispose:

Non me lo domandare...