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io sentivo, destandomi, che quell’ombra, che quel ricordo trionfava d’ogni realtà. Un giorno, dopo moltissimo tempo, la rividi in persona; era una rovina, invecchiata, disfatta, non più donna. E dopo averla riveduta così nella vita, io la sognai ancora una volta, più bella di prima: «Che cosa hai creduto? Guardami bene: non sono sempre la stessa? Non sono la tua sposa, l’amante tua unica?...» E ancora le sue parole e i suoi atti d’amore m’inebriarono come non mai. Ora ella è morta; intendete: ella è putrefatta sotterra, è ridotta uno scheletro fra quattro assi marcite; e quantunque ella sia morta, e quantunque io stesso sia sulle soglie della morte, pure ella continua ad apparirmi, a quando a quando, e a deliziarmi; e oramai ho compreso: il supremo amore della mia vita è il primo, l’amore dell’infanzia, perpetuato nella memoria, vivificato dal sogno...»
Siamo sempre lì: ella dice che questi non sono amori nel vero senso della parola. Ella vuole che io le parli di gente che abbia amato creature di carne e d’ossa, non già sconosciute o meri ricordi. E il mio imbarazzo è troppo grande, perchè tutti gli amori dei quali ella vorrebbe ch’io ragionassi lasciano tante amarezze che nessuno pare da preferire ad un altro. Senza le nequizie del tradimento, gli stessi malintesi inevitabili, il disaccordo, lo svanire dell’illusione, il ribadirsi d’una catena che pareva di rose ma che diventa un triste giorno di spine, sono causa di troppa pena. La vita è tanto malvagia e l’amore è tanto difficile, che bisogna quasi augurarsi il caso orribile del quale invece ci dogliamo, il caso di veder morire la creatura amata prima di odiarla e quando il piacere non s’è mutato ancora in disgusto... Se in questo augurio c’è un troppo feroce egoismo, non si potrà far altro che capovolgerlo e desiderare che la morte colga noi stessi nella troppo rapida fase dell’amore felice. Non sa ella del resto che questo è il voto istintivo d’ogni coppia amante? Quasi una profetica voce ammonisca i due amatori della caducità della loro fortuna, quasi presaghi che questa fortuna è la ma