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altro gli deve. Così varcheranno l’età delle prove, finchè uno chiuderà con mano tremante gli occhi dell’altro.
Ecco quale sarebbe l’amor supremo. Ella vede bene, mia cara amica, che io non ho imaginato un idillio, una favola troppo romantica, tutta ideale e fuor della vita. Io ho fatto molte concessioni alla realtà, tante concessioni che nessuno dirà impossibile un tale amore. Eppure di questo amore possibile, possibilissimo, di questo amore che è il sogno delle migliaia e migliaia di sposi che escono ogni giorno nel mondo dal municipio e dalla chiesa, quanti esempii le potrei addurre?... Ahimè! Gli esempii, ho paura, sono rarissimi...
Eccomi pertanto costretto, per rispondere alla sua domanda, di cercare altrove.
Una volta io andai in casa del mio amico Hans Ruthe. Costui è, come ella sa, Don Giovanni redivivo. Sui mobili del suo salotto vidi molte fotografie di uomini e un solo ritratto di donna. Io pensai tra me: «Senza dubbio costei dev’essere stata la favorita di questo sultano; perchè egli si tenga sotto gli occhi il solo ritratto di lei bisogna che ella gli abbia lasciato i ricordi migliori.» E poichè, per natura e per necessità di mestiere, io sono molto curioso, così non mi contentai di pensare questa cosa, ma la dissi all’amico mio. Il quale, udendola, si mise a ridere di quel suo riso che è pieno di tanta amarezza. «Mio caro,» rispose, «tu hai un intuito proprio meraviglioso! Sì, questa è la donna che m’ha lasciato migliori ricordi. I ritratti di tutte le altre io non li ho più: alcuni li dovetti restituire, quando i tristi amori finirono; altri li lacerai quando ebbi ben conosciuto gli originali; altri sono andati dispersi perchè non avevo proprio ragione di serbarli, giaceranno inutili in mezzo a chi sa quali carte inutilissime. Questo solo ho custodito e tengo dinanzi agli occhi, perchè questa è la sola donna che avrei amata ma che non amai, che forse m’avrebbe amato ma che non m’amò...
Ecco, ella dirà, una risposta «delle mie,» cioè una risposta che non significa niente. Infatti, di