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che anch’io disperi di te; non disperare tu stesso: sarebbe troppo triste, troppo malvagio. Provami ancora una volta che ho avuto ragione, abbii fede in te stesso!... No; non mi dar retta! Ho avuto torto di scriverti queste cose. Ma se non so più quel che dico!... Ah! potessi vederti un istante!... Non ti direi più nulla; credo che morirei ai tuoi piedi.... Una volta io ti dissi: «Come sai bene pregare!...» Ti ricordi quando te lo dissi?... Ebbene, oggi son io quella che ti prega: io ti supplico, ti scongiuro, in nome di Dio, dell’amor nostro, di tutto quel che hai di più caro al mondo, per i tuoi stessi dolori che io ho divisi, per la memoria dei tuoi poveri morti che io ho amati, per la morte che può cogliere d’istante in istante noi stessi, ti scongiuro di non abbandonarmi, di ascoltarmi.... di lasciare, almeno, che io pianga un’ultima volta al tuo fianco....»
La voce della giovane tremava un poco; il suo sguardo velato si distoglieva dalla carta, intanto che la duchessa, visibilmente commossa anch’ella, esclamava:
— Come l’amate!
Ma a quelle parole, come quando una brezza sottile increspa la superficie delle acque, la fisonomia di Emilia si venne corrugando fino ad atteggiarsi ad una sottile ironia.
— Come l’amo!... — ribattè ridendo. — Vuol dire come sono sciocca!... Deve bene trionfare costui, è vero? vedendo la mia disperazione; deve ben sorridere di vanità soddisfatta!... Il suo amor proprio sarà, senza dubbio, gradevolmente solleticato dallo spettacolo del mio cordoglio....
— Allora il vostro amor proprio s’impenna....
— Allora la mia tenerezza, la mia sommessione, la mia fiducia, tutti i miei buoni movimenti sono dispersi dallo sdegno, dall’odio, dal bisogno feroce di dirgli in faccia che non so che farmi di lui, che egli s’inganna stranamente se ha creduto al mio dolore!
— E dopo la lettera d’implorazione, ne avrete scritta un’altra di sprezzo...