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— Benissimo! — interruppe vivacemente la duchessa. — Mi piace la vostra lettera, sapete! È la lettera d’una donna che sa vivere, che conosce la vita!...

— A qual prezzo? — disse l’altra con un ambiguo sorriso. — A prezzo di quanti dolori?... E si può dire di conoscerla mai abbastanza?... Perchè, guardi, questo è il suggerimento della logica, del buon senso; ma se io l’amo ancora quell’uomo? Se il cuore mi sanguina, rileggendo queste fredde parole, queste frasi studiate, dopo le lettere pazze che gli scrivevo fino all’altr’ieri? Se non posso, non posso rassegnarmi all’idea di perderlo, dopo quel che mi costa, dopo quel che siamo stati l’uno per l’altra? Ma non è vero che io prevedessi di non poterlo più amare, non è vero che io fossi già stanca; se pensai così fui sciocca, fui stolta, perchè non potevo giudicare della forza di un amore non ancor messo alla prova...

— Badate: qui sotto potrebbe nascondersi quell’illusione molto frequente che consiste nell’apprezzare una cosa per il solo fatto d’averla perduta.

— Illusione, realtà: dove cominciano? dove finiscono? — disse la giovane, voltando un foglio del suo taccuino. — Vi sono certe realtà delle quali neppur ci si accorge, e certe illusioni che ci mantengono in vita.... Io sento di non poter vivere senza quest’essere che è stato tanta parte, la miglior parte di me. Io sono impegnata da un giuramento, ed egli pure.... È una cosa sacra, il giuramento; non si può calpestare così. Ho il dovere di rammentarglielo; egli mi ascolterà, perchè ne soffre anch’egli! Io non sono stata eloquente abbastanza; se ha rifiutato di cedere, il torto è mio che non ho saputo assicurarlo della forza di quest’amore. Forse in questo momento, mentre mi struggo per lui, anch’egli anela di rivedermi, anch’egli vorrebbe chiamarmi. Un senso di falso amor proprio ci ha trattenuti: una sola parola basterà a dissipare quest’incubo.... «No....» continuò Emilia, riprendendo a leggere nel suo taccuino, «non è vero, non è possibile che tu m’abbia detto quelle parole. Certe volt