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più le donne degli uomini. Ma forse noi attaccheremo un’altra volta lite quando io le avrò spiegato che le due proposizioni, apparentemente contrarie, sono in fondo, tutt’una.
Consideriamo infatti una coppia amante. Se con la cifra 10 esprimeremo l’amore complessivo di questa coppia, io dico che l’amore dell’uomo è rappresentato da 7, e quello della donna da 3 — meno della metà! — Or dunque, se quest’uomo perde un bel giorno — bello per modo di dire! — l’amore di questa donna, il suo dolore sarà grande, ma non tanto grande come quello che proverebbe invece la donna, se fosse costei abbandonata dall’uomo. Infatti, dato che l’uomo ami come 7 e sia riamato come 3, anche durante il tempo felice egli prova un secreto scontento ed è morso da un qualche dolore, perchè l’amor suo non è ripagato esattamente; perchè questa donna non è tanto sua quanto ei vorrebbe e quanto egli stesso è di lei. Nel perderla del tutto il suo dolore cresce senza dubbio oltre misura; pure egli non è stupito; egli è quasi preparato alla perdita di una creatura che non ha mai sentita tutta sua. Per averla — in parte! — egli ha dovuto pregare, supplicare, tendere la mano: ella gli ha fatto quasi un’elemosina; il mendico cui il ricco, fino a un certo segno generoso, non vuol più fare la carità, è forse stupito di non avere più come sfamarsi? Egli torna quasi rassegnatamente al suo destino, che è l’indigenza!... Se noi consideriamo invece la donna, vediamo che le cose stanno precisamente al contrario. Costei ha visto sempre l’uomo, tutti gli uomini, pregare, supplicare, tendere la mano: come potrà rassegnarsi a essere trascurata e sdegnata? Quest’idea non entra nel suo cervello. Poichè amando come 3 ella è ripagata d’un amore come 7, la sua soddisfazione — di vanità più che d’amore, ma la vanità importa più che l’amore! — è stata immensa; ella non può prevedere che il sovrabbondante amore di quest’uomo abbia a un tratto da ridursi minore del suo e da cessare del tutto. Abbandonata, pertanto, ella darà in ismanie convulsive, e