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L’ASSURDO


Bisogna dire, mia buona amica, che io ho proprio la mano disgraziata. Mentre mi cullavo nella dolce lusinga d’avere riacquistato la sua benevolenza e d’essere riuscito a farle dimenticare non solo i torti che ho potuto commettere nel corso di questa nostra corrispondenza, ma perfino l’origine prima del suo cruccio, cioè le mie teorie sull’amore, ecco improvvisamente ridestarsi più acre che mai il suo sdegno, eccomi nuovamente segno della sua severità!

Pare, infatti, che fra i moltissimi capi d’accusa dei quali io ero chiamato a rispondere, ella avesse finora dimenticato il più grave di tutti, e che una mia imprudenza glie l’abbia rammentato ad un tratto. L’argomento dell’accusa è «l’incredibile scetticismo» col quale io sostengo che la passione più grande, più forte, veramente sovrana ed imperitura non è l’amore ma l’amor proprio; e che l’amore non è altro se non un caso dell’amor proprio, cioè, sono sue parole, «dell’arido, dello sterile, dell’ingrato, del volgare, dello spregevole egoismo!» Il suo sdegno è tanto, che ella mi «vieta» di replicare, d’insistere, di comprovare le mie teorie!