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quasi trasportato su per l’etere, per quell’altro etere, l’imponderabile. Poi s’accascia, s’addorme, non sente più nulla. Quando riapre gli occhi alla luce, tutto è finito; il suo piede sfracellato, il suo braccio incancrenito non sono più attaccati al suo corpo. Egli guarda il posto vuoto; ma che cosa è il nuovo portento che adesso si compie? Egli sente che il piede, che il braccio portati via aderiscono ancora a lui; le sue sensazioni vi si localizzano ancora; egli vi avverte come un formicolio, crede di poterli muovere, adoperare... Così accade nell’anima. Quando la passione mortificata ne è stata staccata, quando il ragionamento vi dice che non potrà più tornare, il vostro sentimento si proietta ancora in essa e, più di ogni altro moto reale, più d’ogni altro affetto presente, l’anima avverte la presenza dell’amore perduto...

La notte era fonda e la voce moriva.