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innamorate che le prodigaste; le ripetete, e una ironia amara vi torce le labbra. Lontano da lei vi proponete di dirle tutto, sinceramente, di non rappresentare più oltre una commedia; trovate le parole, cominciate una lettera, ma non avete la forza di compiere il vostro proposito. Se qualche momento di tenerezza ritorna, dovreste esultare, è vero? Invece il vostro scontento s’accresce; vi accusate di fiacchezza, di imbecillità; avreste voglia di percuotervi, d’insultarvi...
L’ultima luce agonizzava, un chiarore verdastro si diffondeva sotto le nuvole pesanti, illividiva i volti dei tre uomini al cui sguardo la desolata campagna e il mar flagellato formavano come un paesaggio appartenente ad un altro mondo, più vuoto, più freddo, più lugubre.
— Chi non ha conosciuto questo, — riprendeva Ludwig, — non sa nulla delle agonie sentimentali, della vanità degli affidamenti, dei giuramenti umani. Per sempre!... Non una potenza ineluttabile, non una volontà estranea alla vostra distrugge questa promessa; ma il vostro stesso cuore; siete voi che ridete di voi! La fine più brusca, la rottura più repentina non hanno nulla di tanto lacrimevole quanto questa agonia. La pietà si mescola allo sdegno ed all’ironia; in certi momenti dimenticate il vostro scontento pensando al dolore che si rovescerà su voi due quando le parole irrevocabili saranno pronunziate... E prolungate l’inganno, e soffrite, e fate soffrire; finchè, un giorno, quando meno ve l’aspettate, a proposito di nulla, tutto finisce... Sapete allora che accade?
Nessuno rispose. L’oscurità invadeva la stanza; nessuno pensava a far accendere il lume.
— Accade, al morale, qualcosa di simile a quel che avviene al fisico, quando una parte del vostro corpo, mortificata, distrutta, è portata via dal ferro del chirurgo. Sapete quel che si legge nei libri: l’infermo, spasimante, s’acqueta sotto l’azione torpente dell’etere. Dapprima un senso di liberazione, un’aura esilarante gli rinfrescano il cervello. Egli ride, si sente più leggiero,