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potevo scacciare quest’uomo quando l’orrore invadeva l’animo mio, giacchè per suo mezzo recuperavo in qualche modo colui che avevo disconosciuto; giacchè la nausea, l’orrore, il pianto lungo e cocente mi rivelavano ciò ch’io avevo negato: la forza d’una passione che era la mia stessa vita! Non potevo scacciarlo; potevo soltanto e dovevo disingannarlo, dirgli a che mi serviva, perchè facevo tutte queste cose — e glie lo dissi! Gli dissi che mai, mai avevo avuto un palpito, un solo pensiero per lui; lo costrinsi ad ascoltare la confessione dell’amor mio per un altro, gli dissi che cercavo quest’altro in lui; che invece di farmi obliare egli dava nuova forza alla passione mia; che ora, la prima volta, grazie a lui, grazie al mio tradimento, acquistavo la prova luminosa, sfolgorante, irrecusabile di quell’amore. E nella risurrezione della fede il mio spirito acquistava una sovrannaturale chiaroveggenza, un intuito fatidico: io sentivo che una rivelazione eguale alla mia doveva essersi fatta nell’anima del Perduto; che, lontano da me, attraverso nuove esperienze ed impreviste vicende, egli doveva piangere com’io piangevo perchè sapeva che lo piangevo... Un giorno lo rividi. Corsi da lui.
Ella quasi gridò:
— Chi avrebbe potuto arrestarmi?
Riprese con voce più sorda:
— Gli dissi: «Sputami in viso, ma ascolta. Tu non mi credesti quando ti giuravo d’amarti. Dell’amor mio non seppi, non potei darti nessuna prova perchè io stessa ne dubitai. Questa prova ora la posseggo. Pensai dimenticarti, e la tua memoria mi ha schiacciata. Ti abbandonai, e t’ho ritrovato da per tutto. Ti porto con me. Nessuno ti strappa più da questo cuore. Metti i tuoi piedi sulla mia faccia, ma lasciati dire, ora, che t’amo...» Egli... egli...
Giunse le mani, girò intorno lo sguardo come smarrita, e a poco a poco l’espressione dell’estasi si dipinse sulla sua faccia smorta.
— Egli mi si fece vicino, mi guardò tacitamente. Tremava. Mi disse, così piano ch’io compresi piuttosto