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precisare, perchè naturalmente ambigue, confuse, evanescenti; allora il tormento dello scrivere, ciò che Gustavo Flaubert chiamava les affres du style dà maggior pena. E’ credibile e verisimile che le donne si trovino ordinariamente in condizioni simili a queste: i loro sentimenti sono incerti, ondeggianti, nebulosi, inafferrabili; non è che esse non sentano, ma non sanno precisamente che cosa sentono; se le accusate di insensibilità, s’offendono, si ribellano; ma quando hanno da esprimersi, da provarvi il vostro inganno, non ne trovano il modo. Perchè mai gustano ed apprezzano sopra ogni altra arte la musica, se non perchè l’espressione musicale è appunto imprecisa, ambigua, indefinibile come tutto il loro sentimento? Di tratto in tratto, quando meno ce lo aspettiamo, esse hanno però lampi di chiaroveggenza, intuizioni rapide, nitide comprensioni; e allora ci stupiscono e ci deliziano. Hauptig di Mannheim, celebre artista, mi riferì una volta un motto femminile di rara bellezza. Egli aveva un’amica, una povera modella, semplice, ignorante, primitiva. Gli voleva bene come il cane vuol bene al padrone, senza saperglielo dire. Una volta Hauptig — credo che già ella lo sappia — dovè venire in Italia, stette un pezzo lontano da lei, e fu anche ammalato. Non le scrisse, non sapendo che cosa dirle, non sentendosi disposto a strizzarsi il cervello per scrivere una lettera tanto pedestre da esser capita da lei. Di ritorno a casa, narrò alla modella il male sofferto. Ella giunse le mani, impietosita, dolente, esclamando:
— E non averlo saputo!...
Perchè si rammaricava dell’ignoranza nella quale era rimasta? Non aveva già da temere della salute di lui, ridivenuta ora perfetta. Voleva forse dire che, se lo avesse saputo ammalato, lo avrebbe raggiunto? Ma come, senza quattrini, tanto lontano? E Hauptig, curioso, le domandò:
— Perchè avresti voluto saperlo?...
Ella rispose:
— Per angustiarmi...