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altri. Quando finì e stava per alzarsi, m’alzai io prima di lui, e me gli avvicinai: — Se non le rincresce, vuol ripetere quel valzer? — Mi rispose: — Subito. — Così gli rimasi vicino e lo vidi in viso. Quante volte poi egli l’eseguì per me sola!...» Era un valzer non so bene se di Strauss o di Waldteuffel, uno di quei canti di gioia in mezzo ai quali par di sentire l’accento d’una indefinita tristezza e quasi l’avvertimento che nessun tripudio è durabile. «Sono stata tre anni a piangere sempre che m’è tornato a mente!...» — diceva la Toscanina — ma adesso non piangeva più, ripetendolo con voce leggermente roca, strozzata di tanto in tanto da un breve nodo di tosse.
«— Perchè dunque il primo amore non si scorda più?... — mi domandava soltanto; ed io le facevo della psicologia, procurando di adattare il mio linguaggio all’intelligenza dell’umile creatura, ma accorgendomi tuttavia che, nonostante, ella non comprendeva.
«L’amore per il suo Riccardo durò nella Toscanina molto tempo. Le anime sensibili che si decidono ad ammettere la possibilità di questi amori, chiedono almeno che la passione abbia tale virtù da riscattare le donne nel cui cuore è nata e da toglierle alla turpe esistenza. L’arte, quelle poche volte che ha degnato studiarle, ha avuto appunto cura di nobilitarle a questo modo, per non offendere con lo spettacolo della lacrimevole realtà il pudore — vero o finto non importa — della gente per bene. Ma purtroppo la realtà reale è una cosa un po’ diversa dalla romantica. La Toscanina non si riscattò per nulla. Il suo amante, che era semplice studente, le voleva bene, ma non aveva di che toglierla da quella vita. Per lei, come per tutte le sue pari, concedersi alla folla non è mancar di fede all’amico prescelto; esse fanno una gran differenza, nella quale risiede la loro gran prova d’amore, fra le carezze alle quali si sottopongono e quelle che ricambiano. La Toscanina dava a Riccardo questa prova d’amore, e Riccardo glie ne diede un’altra, traendola, appena potè, dalla miseria dove l’aveva