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in frasca, ma tornando con insistenza su certi casi della propria vita. Certo, come li raccontò a me li avrà raccontati a molti altri; certo ancora, se si potessero paragonare le varie versioni, si troverebbe che non corrispondono, che i particolari variano, che le giunte e i ricami alterano il carattere e la significazione dei casi. Di quest’abitudine della menzogna, in tutte le Toscanine, tu hai già ragionato, ed è inutile dirti che io consento interamente con te. La coscienza del loro avvilimento presente le spinge a dar sapore di poesia alla loro vita passata; ora questo mi piaceva specialmente nella Toscanina mia: che le sue narrazioni non parevano molto abbellite, poichè, senza esservi costretta dalla presenza di nessun testimonio e contro il suo proprio interesse, ella diceva cose, della sua vita trascorsa, che le potevano nuocere.
«Sì, la Toscanina confessava d’esser passata per il più infame servaggio. Noi usiamo, per indicare la somma d’ammaestramenti cavati dalle lunghe esperienze, una frase che dice: «Conoscere la vita,» e ciascuno di noi si forma di questa vita un’idea diversa secondo le diverse vicende per le quali è passato. Le Toscanine adoperano anch’esse una frase per indicare l’esercizio del loro mestiere, una frase molto espressiva: «fare la vita,» e fra il nostro «conoscere» e il loro «fare» c’è tutta la differenza che passa tra il dilettante e la vittima. Perchè, se il risultato della nostra esperienza consiste nella persuasione che l’esistenza non è tutta triste nè tutta gioconda, quale persuasione si dovrà formare nella coscienza di queste sciagurate? Forse... nessuna! Provvidenzialmente, esse vivono giorno per giorno, senza vedere gli orrori dell’Irrimediabile; e del resto se la loro miseria è spaventosa, ha pure talvolta qualche attenuazione e qualche compenso. La Toscanina, quand’io la conobbi, aveva vent’anni, ed era da sei nella vita; se aveva pianto, aveva pur visto il pianto di molti uomini; se aveva sofferto la fame, aveva pure distrutto vere fortune. Ed aveva conosciuto chi era stato pauroso