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che non si sa come lenire. Mi faceva tanta pena, nel vederla così gentile e nel saperla in quella vita, con quel male che le rodeva il petto, che un giorno, avendola trovata in uno di questi momenti, tentai di esprimerle l’interesse e la simpatia che m’ispirava. «Non mi compiangere, sai,» rispose, «non voglio!...» ed era quasi duro il suono della sua voce nel dire queste parole. Per distrarla, la condussi in campagna; a tutti i poveri che incontrammo volle dare qualche cosa. Un vecchio cieco, accasciato sopra un mucchio di sassi, tendeva la mano scarna, rugosa e tremante: ella fece fermare la carrozza, discese, e gli mise in mano una moneta dicendogli: «Dite un’avemaria...»

«Tutti quelli che soffrivano, che mancavano di pane le facevano molta pietà, forse pensando che un giorno sarebbe mancato anche a lei, o rammentando, chi sa, che le era mancato una volta. «Se io dovessi ridurmi a fare la serva, a vivere di elemosina,» diceva, «sta pur sicuro che mi ammazzerei. Il fiume non c’è per nulla, o il mare... E poi, posso chiudermi in camera, con molti fiori dentro, e lasciarmi morire così...» Ella doveva aver trovato questa idea in qualche libro — perchè leggeva! I suoi libri erano romanzi di Montépin e di Boisgobey, altra roba francese ancora più brutta, edizioni economiche ad una lira, dalle copertine rozzamente illustrate. In mezzo, come smarriti e vergognosi della compagnia, i versi dello Stecchetti, che la povera ragazza certamente non capiva. Infatti, non vorrei che attraverso questi miei ricordi tu la vedessi abbellita, nobilitata, migliore di quel che in realtà non fosse. Era una creatura perduta che portava nei modi, nel linguaggio e nello stesso pensiero il marchio della sua condizione, senza nulla che la riscattasse fuorchè i segni, intermittenti e non visibili a tutti, d’una primitiva delicatezza di sentimento, d’una nostalgia delle perdute serenità spirituali — parole forse un po’ troppo preziose per la cosa che debbono esprimere... Ma la sua tristezza era di breve durata; il canto e il riso fiorivano assiduamente sulle sue labbra. Parlava molto, di tutto, saltando di palo