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«Le notti della luna piena, nonostante l’umidità perniciosa della marina, era per lei una festa venire in barca: rammento certe sere nel porto, col mare tranquillo e piano come una tavola, quando la facevo distendere sul dorso, sorreggendola col braccio, perchè non vedesse altro fuorchè il cielo stellato; e certe altre quasi tempestose, quando in faccia alla scogliera del molo, dove le onde si scagliavano furibonde, ella cantava con voce più squillante, quasi a sfidar gli elementi, e rideva mostrando le perline dei denti, e mi afferrava fortemente il braccio ad ogni scossa della barca sballottata come un pezzetto di sughero. Una volta dimenticò di prendere il mantello, e siccome io avevo una gran paura che l’umidità le facesse male, tentai di persuaderla a buttarsi la mia giacchetta sulle spalle. Non l’avessi mai detto! Mi diede del matto, mi picchiò col ventaglio quasi rabbiosamente, e non ci fu verso di piegarla. Un’altra sera, ai piedi della scala della lanterna, vide un cagnaccio rognoso, una povera bestia che se ne andava lungo il muraglione, evitando le gente, quasi presaga dell’accoglienza che gli era serbata. La vista di quel cane le diede un brivido di ribrezzo, e poichè io, per chiasso, feci il gesto di chiamarlo, ella si mise a salire precipitosamente le scale, fuggendo. Allora finsi d’inseguirla, costringendola ad arrampicarsi più presto, e la raggiunsi sulla spianata; ma come mi pentii dello scherzo! La poveretta ansava ed era tutta sbiancata in viso, sul punto di perdere i sensi. Con le mani faceva un gesto che, sulle prime, io non compresi: voleva dirmi a quel modo, non potendo parlare, di metterle una mano sul cuore perchè sentissi come batteva. Che paura! Pareva si schiantasse. Ma di lì a qualche minuto, quando riscendemmo in barca, l’affanno era passato ed ella riprese il suo canto...
«Le cure che io avevo per la sua persona la stupivano molto; spesso mi diceva: «Com’è curioso questo qui! Hai paura che io muoia? Sta tranquillo: non sarà per ora!...» Pure, aveva qualche momento di nera tristezza, di quella tristezza muta e profonda