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la storia della coltellata per gelosia, della romantica rinunzia alla vendetta e degli aiuti prestati all’assassino! La coltellata era vera, poichè esisteva la cicatrice; ma chi sa in qual rissa glie l’avevano data, per qual rifiuto di pagamento!...
Tutto ciò, frattanto, invece di scemare la curiosità del poeta, l’aveva accresciuta. Persuaso dell’infamia di quell’essere, egli voleva vedere, giacchè c’era, fin dove arrivava. E poi, da esatto ragionatore, egli avvertiva una mancanza di logica in tutta quella storia. Ella aveva detto che in casa del marito stava bene; riconosceva dunque che adesso stava male? Ed asseriva d’aver affrontato tante miserie per amore della libertà; ma non era invece riuscita a piombare nella soggezione più vile?... E poi, quegli occhi dolci e ridenti mentivano anch’essi? La nobiltà quasi di statua divina di quella figura mentiva anch’essa?... Allora, quantunque si fosse proposto di non domandare più nulla, si decise a fare un’altra domanda — l’ultima, a suo giudizio.
— Sei dunque contenta di quel che hai fatto?
Subitamente, negli occhi della donna che il curioso mirava, passò qualche cosa; la loro limpidezza s’offuscò come uno specchio d’acqua s’intorbida per un’agitazione improvvisa.
— Sei contenta di esserti ridotta qui? — ripetè egli giacchè non otteneva risposta.
— Piango tutti i giorni, — ella disse.
Ma la sua voce era calma, uguale a quella con la quale aveva detto le altre cose, forse appena più sommessa; e il poeta, incerto un momento se credere o no, fece come per alzare le spalle. Che sciocco! Come mai gli era venuto in mente di fare simili domande? Non gli restava in verità che mettersi a predicare per convertire la pecorella smarrita e dirle, a mo’ d’esempio: «Figlia mia, pensa alla vita eterna, e pentiti!...» Ed a quell’idea fu preso da una voglia matta di ridere.
La donna frattanto, senza dir nulla, s’era sbarazzata del corpetto; le braccia bianche, delicate