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labbra, come se quei discorsi m’interessassero fuor di misura. Ma già cominciavo a non più udire, e un sentimento sorgeva dentro di me, un sentimento di curioso stupore.

«— Anch’io disegno un poco: da ragazza facevo qualcosa di non troppo brutto; ma poi ci ho perduto la mano. Disegnavo a pastello e mi ero anche messa all’acquarello e alla pittura a olio giusto poco prima del matrimonio, quando mi fidanzai. Da quel tempo non feci più nulla: appena adesso riprendo il lavoro. Faccio il mio ritratto; aspettate, ve lo voglio mostrare. Dev’essere in questa cartella. Ma che confusione, mio Dio! Non mi par l’ora di sistemarmi a Milano, dove ho già fissato un quartierino in via dei Rastrelli, sapete, vicino alla Posta. E’ vero che non ci resterò più d’un mese, ma come si fa! Dove diamine l’ho ficcato? Doveva essere proprio qui. Ah, eccolo; guardate...

«Era un pastello appena abbozzato; poche linee stentate e qualche ombra; una cosa tutta puerile.

«— È cominciato da poco, però non credo che verrà male: il mio amico Marcorati vorrebbe anzi ch’io lo mandassi all’esposizione In arte libertas — ella pronunziò libertàs; — ma ancora è un po’ presto per giudicarlo degno di tanto onore. Lo copio da questa fotografia del Sorgato di Venezia, ma correggo poi dal vero, perchè la mia figura è di quelle che la fotografia non coglie mai bene. Forse dipende anche un po’ dai fotografi, che ordinariamente non capiscono niente e lascian fare alla macchina, senza intelligenza, senz’arte. Non basta mettersi dinanzi al modello; bisogna saperne cogliere l’aspetto più favorevole, più adatto, più caratteristico; perchè il vero può anche non essere verisimile. È quel ch’io predico sempre, a proposito della scuola naturalista, che di questi tempi inonda il campo dell’arte di produzioni dove la verità nuda e cruda non fa palpitare il cuore, non suscita il più piccolo ideale. La verità è certo una gran bella cosa; e nessuno può preferirle in buona fede la menzogna; ma io domando e dico che bisogno c’è di