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avevo domandato di voi ai comuni conoscenti. Mi rincresce solamente di una cosa: vado via domani! Guardate che assedio: tutta la roba sottosopra. Ma come si fa! Del resto, non conta: c’incontreremo certo in qualche altro posto. Io vado a Milano, per le feste di Maggio: è la stagione brillante. Poi sarò a Genova; in settembre partirò per l’America del sud, dove farò un teatro. Canterò la Carmen, una parte che mi va. L’ho studiata molto, con pazienza, con amore, sotto la direzione del maestro Brunetti: lo conoscete? Fino a ieri avevo ancora il pianoforte, pagavo trenta lire il mese d’affitto. Qui a Roma è tutto d’un caro! Pago centosessanta lire il mese, per questo quartiere: l’anticamera e la sala che vedete, la camera lì, con lo spogliatoio dietro; da questa parte la stanza da pranzo e la cucina, delle quali intanto non so che farmi, perchè vado sempre fuori a desinare. Vorrei farvi sentire qualche cosa, ma come si fa? Avervi conosciuto un poco prima! Non ho una gran voce; oh, proprio no; ma lo studio aiuta tanto; e poi faccio assegnamento sull’azione scenica, sull’espressione drammatica. E’ una parte brillante, elegante, che s’attaglia alla mia natura tutta fuoco e brio. Non vi pare?»
«Io non avevo potuto ancora pronunziare una sillaba, tanta foga metteva nel parlare la mia compagna. Era una creatura alta e bionda — ma d’un biondo innaturale — e di forme vistose, ed anche bella in viso; d’una bellezza tuttavia un po’ dura e forte che rivelava, con l’accattata eleganza dell’abito e degli atteggiamenti, la nativa volgarità. Ma andavo io precisamente in cerca di nobiltà, in quelle camere mobiliate molto più volgari della persona che le abitava?... Benchè fosse giovane, non si poteva giudicare esattamente dell’età di costei: aveva forse venticinque anni, forse trentacinque. Le braccia, nude dal gomito in giù, e le mani spoglie anch’esse dei guanti, erano fresche come quelle d’una fanciulla; ma la carne del viso, troppo matura e quasi macerata, riconosceva dai cosmetici il colorito e la finezza. Sotto l’ala grandissima d’un gran cappello di paglia sontuosamente impennacchiato di