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UN’EQUAZIONE MORALE


   Mia buona amica,

Precisamente: una punta di volgarità, da parte d’una creatura eletta, ferisce tanto, quanto conforta un senso di delicatezza da parte di un’avvilita creatura. Ella dice ch’è strano? Scusi, perchè? La stessa idea di paragonare una signora con una mercenaria le pare sconveniente e indegna. In generale, sì, ha ragione; ma non mi ha già concesso, altra volta, che vi sono signore delle quali bisogna proprio dire che hanno sbagliato mestiere? Ella mi vorrà da un altro lato concedere che, se la più gran parte, anzi la quasi totalità delle mercenarie meritano il loro avvilimento, ce n’è pure qualcuna che era degna di miglior sorte. Ora, secondo che le signore galanti si degradano e che le mercenarie s’innalzano, la distanza che le separa tende naturalmente a sparire e le differenze si riducono tutte esteriori e trascurabili, fino al punto da giustificare la curiosa impressione che provò una volta il mio amico Raeli. Trascrivo ancora una volta dal suo Giornale di bordo:

«—... Tanto, proprio tanto piacere. Vi avevo già visto altre volte, da lontano, insieme con quel vostro amico, quel magro, biondo — toscano, credo? — e