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che i sullodati uomini comprano l’amore e pagano — molte volte con veri e proprii biglietti di banca — le donne suddette.
Lascerò da parte — tanto, mi pare che ella sia proprio sincera quando mi dà ragione su questo punto — i modi indiretti di pagamento. Quando il maschio dedica gran parte delle sue forze a conquistare la femmina; quando, dopo averla conquistata, la difende e con lei difende la prole, è evidente che fa una vera spesa, un consumo di forza, un sacrifizio di energia. Quando un marito si mette sulle spalle il peso della famiglia, è innegabile che l’amore gli costa. Lasceremo ancora da parte — e non dubito che questa omissione le piacerà — il mercato d’amore propriamente detto, dell’amore avvilito e impropriamente detto amore. Noi dobbiamo ragionare dell’amore libero, dell’amor degli amanti che non contrattano nè dinanzi al notaio nè dinanzi a un più servizievole personaggio. Quest’amore costa anch’esso; e, come ella sa, si suol dire che le donne più care non sono quelle che si vendono. Tuttavia, quando un uomo si rovina per fare la vita che piace all’amica sua, per seguirla dove ella va, per nascondere in un degno nido la propria fortuna, per avere un vantaggio sopra i proprii rivali; tutte queste volte e sempre che l’amata non ottiene nulla per sè, potremo dire che l’amore costa a lui, ma non già ch’egli paghi lei. Il punto più controverso e più scabroso è un altro: ella non ammette che vi siano donne capaci di ottenere un materiale vantaggio nei loro amori; o meglio afferma che donne capaci di ciò meritano di stare con le mercenarie ed hanno sbagliato mestiere. Io dico invece che alle donne più pure di questo mondo l’idea di ottenere qualche vantaggio reale nell’amore più ideale non repugna affatto; anzi che a questa idea vanno naturalmente quando si vedono pregate, supplicate, implorate; quando odono dire e ripetere che per esse l’amante farebbe tutto, darebbe tutto, che l’amor loro è impagabile. Sicuramente fra l’idea di vedersi deporre ai piedi i tesori di Golconda e l’atto di accettare uno spillo ci corre; sicuramente