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IL GRAN RAPPORTO


   Cara contessa

Io ebbi, conveniamone, un’eccellente ispirazione lasciando parlare Guy de Maupassant intorno alla Venere di Siracusa. Se ella critica con tanta vivacità le affermazioni del grande scrittore, che cosa avrebbe fatto delle mie? Il Maupassant è morto, e non può difendersi; debbo difenderlo io? L’impresa mi pare, sotto ogni riguardo, inopportuna. Ma è pur necessario che io risponda qualcosa alle sue ultime critiche.

Sì, cara amica, c’è una poesia reale: queste due parole messe insieme dall’autore di Notre Cœur non sono nient’affatto stonate. Se io non m’intrattenessi ora con lei ma con un militare, temerei di dar luogo a qualche curioso equivoco parlandole d’un «gran Rapporto». Il militare intenderebbe quell’adunanza alla quale il comandante chiama tutti i suoi ufficiali dopo la manovra. Con lei, ed al punto al quale siamo della nostra controversia, non ho bisogno di spiegare che il gran Rapporto del quale ho da occuparmi è quello che intercede fra il sentimento e l’istinto. E la quistione è così posta: l’amore non può esser fatto di sola poesia,