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un’urna

   di memorie
   ha nel cuore,
   e di pianti
   sanguinosi
   la conforta.
   Taciturna,
   come morta.
   Ella passa.
   Che pietà!

No, io non esercito più la mia critica. Che è la critica, l’ingrato, l’inutile, lo sterile esercizio? Io vivo, io vivo, io vivo. Crea la mia mente, il cuore palpita; le mie parole traducono il ritmo del cuore.

La sera è calata. Io sono lontano da lei, ma così pieno di Lei come se Ella fosse compenetrata e confusa in me.

   Non alitar di vento, non voci; divino Silenzio.
   Già l’Ombra nuziale tutte le cose cinge...

Un altro poeta già chiamò nuziale l’ombra. Io ripeto l’imagine felice. L’ombra è nuziale. Che altre imagini misteriose essa risveglia! Non bisogna indagare. Il velo dell’ombra nuziale cinge, nasconde tutte le cose.

   Le vegetali forme, immote nell’aria clemente,
   posano anch’esse in braccio al Sonno prestigioso.
   Il salice argentino che sogna? Che sogna il nebbioso
   ulivo, il rovo ardente, la folleggiante vite?
   L’anima della pia Desdemona bianca tremante
   erra d’intorno al salce, prega, sospira, geme.
   Sere lunghe d’inverno, il Ceppo, le fiamme guizzanti,
   gli urli dell’aquilone, i baci della neve
   sogna l’ulivo; e il rovo un cuor lacerato che gronda
   sangue, due rosse labbra, rosse di sangue umano.
   Danzar felici amanti al rezzo di folti aranceti,
   al carezzoso suono di flauti e di viole,
   correr Fauni e Baccanti, disciolte le chiome, roventi
   le fronti inghirlandate, mirano l’ebre