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innamorato di lei. Che cosa fu l’amor suo io narrai altra volta: qui ella leggerà dentro all’anima amante, assisterà all’improvviso divampar della fiamma. Perchè ella dia a queste note il loro giusto valore, comincerò col trascrivere le precedenti, le pagine anteriori all’incontro, nelle quali egli significa la sua depressione e il suo disgusto. Quando d’una donna che s’innamora ella mi riferirà qualcosa di simile, io le darò ragione. Noti che non le do ora queste pagine come sublimi: sono anzi molto mediocri, ma dimostrano di che straordinaria eccitazione, di che prodigiosa esaltazione, di che intellettuale e sentimentale fioritura è causa nel cuore d’un uomo l’amore. Ed eccole: avverto ancora che trascrivo senza mutare una sillaba, senza alterare neppure la disposizione dello scritto; rammento infine, per certe stranezze di stile, che Ermanno Raeli, come mezzo tedesco, scriveva spesso in un italiano tutto suo.

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Martedì, 3. — Piove. E’ la stagione floreale, e piove. Il cielo è di fuliggine, la terra è di fango.

Mercoledì, 4. — Ricomincia a piovere, l’aria è calda e umida, una viscida bava pare sia stata spalmata su tutte le cose da un popolo di lumache e di serpi.

La sera di Giovedì. — Un cielo di Goya, lubrico, infame, pieno di turpi visioni.

Sabato. — Ora un sole di fuoco scotta ed abbrucia. La campagna fumiga, tutte le putredini fermentano sotto la terra acre.

9 sera. — Questi fiori sono germinati dalla putredine. Mi disgustano tanto quanto certe carni di sozzi animali che si nutriscono degli escrementi.

Il 15. — Per le vie io mi diverto a osservare l’andatura delle persone. Alcuni strisciano tortuosamente come rettili, altri saltellano come conigli, altri incedono come pachidermi. E l’impronta animalesca è nei loro visi. Certi nasi sono proboscidi, certe bocche sono grifi; ecco due orecchie pendule come quelle del bracco. E gli occhi! gli strabuzzati occhi bovini, gli occhi ferini del gatto, gli occhi rapaci del gufo! E le mascelle prognate, come quelle degli antropoidi! Se io