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un giglio 99

tempo è passato: che cosa sono stato a fare due ore lì dentro? A un tratto s’ode la prima campana del pranzo. Questa volta m’alzo per battermela. Donna Clara mi fa: «Aspettate un altro momento: verrà adesso Betsy.» Insisto per lasciarla in libertà: mi risponde: «E Aspettate che venga Betsy!» e scotendo lentamente un piede riprende a discorrere. Allora un’altra idea mi balena per il capo: che quegli inviti reiterati, quell’eleganza, quei fiori, quei profumi, tutte quelle spese siano state fatte per sedurmi.... Ma è una cosa tanto balorda che rinsavisco del tutto. Chi ha mai imaginato Donna Clara nei panni d’una seduttrice? Chi ha mai pensato che sotto quelle gonne si possa trovare un corpo di donna? Non deve ella possedere ancora intatto il tesoro della sua verginità? Ed io?... Sia lodato il Signore: una specie di doccia gelata mi seda. Mentre ella vuol sapere quando ci rivedremo e se capiterò quest’inverno a Parigi, mentre mi dice di andarla a trovare a Roma, io torno a pensare ciò che ho sempre pensato: che Donna Clara è una di quelle povere creature senza bellezza, senza grazia, senza sesso, le quali cercano un compenso alle mancate gioie dell’amore col dedicarsi tutte ad una causa, col lavorare al conseguimento d’un ideale religioso o sociale. Come ho potuto dimenticare queste cose?... Ed ecco sonare la seconda campana, ed ecco Betsy che s’affaccia dall’uscio. Ci alziamo nello stesso tempo. Donna Clara mi stende la mano nodosa, stringe la mia cordialmente, mi ringrazia della compagnia. Io ringrazio Iddio che mi ha tenuto le sue sante mani sul capo. Avrei fatto un bel marrone, eh? E se mi metteva alla porta? O, peggio, se mi dava del matto? Avrei avuto quel che meritavo, è vero?.... Allora Donna Clara, lasciata la mia mano, va al pianoforte, spicca un giglio dal mazzo e viene ad offrirmelo dicendo, molto tranquillamente:

E questo per la vostra virtù.