nazionale, egli rappresentava alla signorina di Charmory le qualità che distinguono la pittura di Pietro Novelli. «Una freschezza di tavolozza, uno scrupolo di verità spinto talvolta a qualche eccesso, una preferenza per le proporzioni grandiose, un’intensità d’espressione nella figura umana: questi mi sembrano i suoi caratteri più salienti...» La signorina di Charmory lo aveva ascoltato senza guardarlo, chinando di tratto in tratto il capo. «Non lo chiamano il Raffaello di Sicilia?» chiese, quando Ermanno ebbe finito. «A torto, quanto allo stile; a ragione, quanto al valore...» E dinanzi al ritratto dell’artista — una figura scarna, dagli occhi espressivi, dalla piccola barba a punta spiccante sul bianco d’un grande collare alla spagnuola — egli s’era fermato un poco. «È stato l’ultimo dei grandi pittori siciliani; Antonello da Messina fu il primo. La storia della nostra pittura si riassume in questi due nomi. Di Antonello il Monrealese non ha però la fama. Gli nocque forse l’esser vissuto sempre nella sua isola, il non aver potuto al-