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un branco animalesco cui l’istinto solo era norma; tutte le ipocrisie, tutte le menzogne cadevano; gli esseri si combattevano, si dilaniavano, si uccidevano: per ogni dove la forza bruta, la fame sorda, la rapina selvaggia.... E come, dopo un tempo immemorabile, un primo fioco barlume spuntava all’Oriente, tutti quegli esseri si buttavano a faccia a terra, e con le cresciute unghie si mettevano a scavare disperatamente, per nascondersi, per fuggire l’orribile luce... Questa visione apocalittica che dava i brividi a Ermanno, diventava, nelle sue terzine italiane, troppo scialba, troppo fredda, troppo paziente. Più egli vi lavorava, più il fantasma gli sfuggiva. Così, un altro componimento, molto più breve, La scatola di Norimberga, gli era stato suggerito dalla vista delle campagne etnee durante un’eruzione. Era un fanciullo che, cavando dalla sua scatola degli alberelli, delle casuccie verdi, delle siepi di cartone, una montagna di sughero, componeva un paesaggio accidentato, con dei piani, delle valli, dei paesetti. Poi, quando