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tezza delle mie induzioni. A poco a poco, riuscii a conquistare la sua intimità, a leggere in quell’anima ed a comprendere il suo modo d’essere e di sentire.

Ciò che egli aveva detto, sulle intenzioni poetiche di cui si sentiva pieno e sulla inattitudine all’esecuzione, aveva particolarmente attirata la mia attenzione; quando lo ebbi conosciuto, potei studiare a fondo quel caso curioso d’impotenza artistica. La visione era in lui di una potenza straordinaria, l’emozione che ne risentiva finiva per essere puerile a furia d’intensità; soltanto, quando tentava di rivestir d’una forma il suo concetto, egli sentiva talmente l’inevitabile disproporzione, da provarne una vera vergogna. Tutti gli artisti, i più forti, i più felici, conoscono questo pentimento di sfiducia dinanzi all’inconseguibile perfezione dell’ideale presente alla fantasia; avrebbe quindi potuto darsi che lo scontento di Ermanno dipendesse da una eccessiva scrupolosità di coscienza. Ma per grande che fosse la mia disposizione ad incoraggiarlo, fui co-