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ermanno raeli. 213

Anch’io tentai dapprima di resistere... io non mi credevo, io non ero degno di lei...» Massimiliana si era fatta, a misura che egli parlava, sempre più bianca; strette le mani da ultimo, le aveva appoggiate un momento contro il fianco, come per comprimere il cuore sanguinante a quel crudele scambio di parti, a quell’accusa d’indegnità che Ermanno rivolgeva contro di sè, mentre ella era straziata dalla coscienza dell’inguaribile indegnità sua... «Di grazia, signor Raeli!... mi risparmii, di grazia...» supplicò, scomposta dall’ambascia; ed a bassa voce, dolorosamente, notata la rapida alterazione dei lineamenti di lei: «Massimiliana!...» aveva esclamato Ermanno, «mi perdoni!... io le giuro che non sentirà più da me una sola parola, fin quando...»

Egli tacque un momento, titubante. Spiegando il contrasto a cui si dimostrava in preda la signorina di Charmory col fatto che, non essendole indifferente, ella non voleva o non poteva abbandonarsi al proprio sentimento, stava per aggiungere che avrebbe aspettato da