non ho nessuno a cui confidarmi!..»
Rosalia di Verdara aveva sentito passarsi un brivido di commozione per
tutto il corpo, intanto che l’altro, con voce rotta, le diceva tutta
la solitudine della sua vita, i suoi precoci dolori, le lotte del suo
spirito ammalato, la sfiducia da cui si era sentito sempre più
vincere, fino al desiderio di sparire, di rientrare nel nulla; e il
raggio di speranza che era ad un tratto brillato, il nuovo soffio di
vita che gli aveva allargato ad un tratto il petto oppresso, quando
aveva cominciato a conoscere la signorina di Charmory. La commozione
della contessa si faceva amaramente tenera; ella vedeva che
quell’amore era necessario ad Ermanno come la luce, come l’aria, e che
sarebbe stato ucciderlo il contrariarlo. Chi poteva dunque volere il
suo male?.. Era il suo diritto di vivere, di esser felice dopo una
miseria spirituale la cui esistenza ella non sospettava neppure, la
cui rivelazione erale causa di un turbamento profondo. Tutta presa
dalla pietà, la gran leva del cuore muliebre, ella sentiva spegnersi, soffocarsi,