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vana attesa, ella si vedeva finalmente Ermanno d’accanto; ma in condizioni tali che il porre ad effetto il proprio disegno non era possibile. Cercava nondimeno di trarre profitto della circostanza per osservare il contegno di lui in presenza di Massimiliana; ma nulla poteva in quel momento rivelarle ciò che ella aveva paura di scoprire. Ermanno guardava la signorina di Charmory come le altre sue vicine, ma pareva più presto occupato del suo cavallo, il quale, in vicinanza del legno, scuoteva la testa, recalcitrava, e non si chetava un poco se non quando il cavaliere prendeva ad accarezzarlo con la mano e a parlargli quasi all’orecchio.

Vi era una specie di amor proprio che consigliava alla contessa di spiegare tutta la sua più elegante disinvoltura dinanzi ad Ermanno, quasi perchè egli potesse, notandola, apprezzare il contrasto col mutismo triste di Massimiliana. Dall’alto del cocchio, facendo schioccare continuamente la sua frusta, Giulio di Verdara entrava da parte sua, con qualche