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po’ triste d’inferma, dei suoi doni gentili. Ermanno fissava di tratto in tratto lo sguardo sulla signorina di Charmory, che gli stava di fronte. Ella spariva sotto un mantello-veste di panno grigio con striscie di petit gris, e girava un’occhiata distratta per il paesaggio. La viscontessa, sepolta fra le pelliccie e i plaids su cui teneva dei mazzi di fiori campestri, aveva le magre guancie soffuse d’un leggero incarnato e respirava con le labbra un poco dischiuse, battendo spesso le palpebre. La sua figura disfatta formava uno strano contrasto accanto alla contessa Rosalia, che portava un mantello di lontra foderato di raso rosso e un cappello a barca di feltro muschio, e che, piena di salute e di vivacità, era quasi sola a mantenere, dal suo posto, la conversazione con Ermanno, come consentivano il moto della carrozza e del cavallo.

Sfoggiando tutte le risorse del suo spirito, ella faceva uno sforzo dentro di sè perchè nessuno si accorgesse dell’agitazione dalla quale si sentiva dominata. Dopo una lunga e