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entrato nel santuario, egli si metteva in ginocchio, congiungendo le mani in attitudine di preghiera, divorando cogli occhi la dolce figura di donna spiccante sul fondo bianco del panneggiamento che guarniva un angolo della stanza. Poi si trascinava fino a lei e si buttava per terra ai suoi piedi. Ella tentava di opporsi, ma nulla resisteva alla volontà di quell’uomo diventato capriccioso come un fanciullo e che per niente passava dall’eccesso della tenerezza umile agli impeti irresistibili d’un cieco furore.

— Lasciami fare, Costanza, letizia mia! Calpestami sotto i tuoi piedi! Morire per te è la sola cosa degna di essere ambita!

Poi, con una curiosità sempre nuova si guardava attorno, girava per la stanza, passando una mano sul raso dei divani, delle poltrone, degli sgabelli, odorando tutti i fiori, rimuovendo tutte le fotografie, tutti i gingilli; esaminando come se li vedesse per la prima volta i quadri, le ceramiche, le terracotte, gli specchi, i ventagli artisticamente disposti intorno sul fondo rosso ciriegia della tappezzeria. Tutto quello che le apparteneva, le cose più minute, le cose più comuni acquistavano ai suoi occhi un valore straordinario; il thè che ella preparava e gli offriva nella preziosa ciotoletta della China aveva per lui un aroma speciale, introvabile