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Non tenterò per ora. La porta aerea del campanile, da cui si va nella cupola, è sempre aperta, giorno e notte....
Il terrore dei sogni; dei soli lividi, senza raggi, spaventosamente immobili nel cielo tenebroso....
Ancora! La luce vacillante... i suoni dell'organo.... Ah! il registro della voce umana!...
Ella si lamenta, fiocamente. Perchè la lasciai? Perchè non la seguii? Come dolorosamente patì! Il pianto bruciava le sue gonfie palpebre, struggeva le sue pallide guancie. Perchè la lasciai? Perchè non la seguii?...
No! Ella si dà torto. La colpa non fu mia. Nella vita terrena avremmo entrambi sempre sofferto! Nella vita terrena saremmo sempre stati disgiunti!... Io non le dissi mai nulla; che cosa le avrebbe detto la parola umana? Dal cielo spirituale dove Ella spazia, vede la miseria nostra....
Ora mi compiange, s'impietosisce alla sorte mia. Io sono ancora tra i lacci, io sono ancora nel buio. La sua voce si fa più tenera, più dolce; mi sfiora la fronte come una mano materna. «Riposa, povero amore, sogna un sogno felice.» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .