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alli cantavano nella lontananza; nessun altro suono turbava la pace di quella solitudine. Seduto sopra un sasso, coi gomiti appoggiati alla balaustra che girava tutt'intorno alla spianata, l'Olderico pareva una statua, come il S. Francesco che benediva dall'alto del cornicione della chiesetta. Nella quiete della campagna, egli sentiva finalmente sedarsi l'agitazione dei suoi nervi tormentati; e, vista da quella distanza, la vita turbolenta della grande città, la ricerca compiacente delle sensazioni raffinate ed acute alla quale egli si era dato, gli facevano un effetto molto meschino. L'inverno si avvicinava, gli anni volavano via, ed egli pensava che sarebbe ben presto arrivato il tempo in cui la rinunzia a quel genere di vita non avrebbe avuto più nulla di meritorio da parte sua. In quella disposizione dell'animo, l'inoltrarsi dell'autunno in campagna non gli procurava nessuna secreta angoscia; mentre, gli altri anni, il raggio di sole che si raccorciava ogni giorno un poco sulla parete del suo salottino, gli dava una stretta al cuore malgrado le mille distrazioni della città.
«Sol di settembre, tu nel cielo stai Come l'uom che i migliori anni finì E guarda triste innanzi: i dolci rai Tu stendi verso i nubilosi dì.»