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80 italia e grecia nelle lettere di giorgio byron


nella stessa lettera non avesse cominciato con l’affermare che «nè il tempo nè le circostanze muteranno mai nè il tono delle mie parole nè i miei sentimenti d’indignazione contro la tirannide trionfante»; se non avesse scritto altrove, nelle pagine del Diario: «Si dice che i Barbari d’Austria stanno per venire. Lupi! Cani d’inferno! Speriamo ancora di poter vedere le loro ossa accatastate!...», se non avesse dichiarato: «Bello morire per l’indipendenza italiana!» e se non avesse aggiunto i fatti alle parole, aderendo alla Carboneria, armando del suo fanti e cavalieri, animando i timidi e affrontando egli stesso la sua parte di pericoli.

III.

Scoccata di lì a poco l’ora della resurrezione ellenica, egli si dà tutto a questa nuova causa. «La Grecia è stata sempre per me ciò che dev’essere per quanti hanno sentimento e cultura: la terra promessa del valore, delle arti e della libertà: il tempo che passai in gioventù a viaggiare tra le sue rovine non ha per nulla scemato l’affezione che porto alla patria degli eroi.» Durante il primo viaggio, a dire il vero, egli aveva dato un giudizio un poco diverso. «Amo i Greci», aveva scritto al Drury nel mag-