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78 italia e grecia nelle lettere di giorgio byron


preme ora vedere con quali veementi parole e con quanto animosi proponimenti egli parla della nostra causa durante la crisi del 1820-21.

«Ci batteremo un poco», scrive al Murray da Ravenna il 31 agosto del 1820, «nel mese entrante, se gli Unni non traverseranno il Po, ed anche se lo traverseranno. Non posso dire di più per il momento.... Una volta che si sarà cominciato, ci si batterà da selvaggi, siatene certo. Il coraggio proviene nel Francese dalla vanità, nel Tedesco dalla flemma, nel Turco dal fanatismo e dall’oppio, nello Spagnuolo dall’alterigia, nell’Inglese dalla freddezza, nell’Austriaco dalla testardaggine, nel Russo dall’insensibilità, ma nell’Italiano dalla collera: vedrete quindi che non risparmieranno nulla....» Il 21 febbraio 1821, alla notizia dell’avanzata austriaca, scrive al Murray: «I barbari marciano su Napoli, e se perderanno una sola battaglia tutta l’Italia insorgerà. Alla prima loro disfatta si ripeterà ciò che avvenne in Ispagna. Aperte, le lettere? Certo, che sono aperte: ed è questa appunto la ragione per la quale io spiattello sempre la mia opinione su coteste canaglie di Tedeschi ed Austriaci: non c’è Italiano che li odii al pari di me, e tutto quanto potrò fare per liberare l’Italia e la terra intera dalla loro infame oppressione, sarà fatto con amore (in italiano nel testo)». Il 3 aprile, disanimato dalle cattive notizie, dichiara al console