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italia e grecia nelle lettere di giorgio byron 73


d’animo è superato, e che per certi aspetti riesce anche incomprensibile; ma dire che esso menoma la «sincerità» dello scrittore e dell’uomo non pare plausibile, quando di quell’arte e di quella vita fu anzi il segno predominante e l’essenziale carattere. Molte prove si potrebbero addurne, se oggi che il mondo è tinto di sanguigno, e che il nostro paese si trova impegnato in tanta guerra, non convenisse restringersi ad una sola: quella che non distoglierà la nostra attenzione dalla grande tragedia europea nè dalla causa nazionale italiana, che anzi ad entrambe si riferisce. Perchè, infatti, tra gli altri atteggiamenti di quel romanticismo del quale il Clemenceau lamenta l’importunità, ve ne fu anche uno politico, e riuscì tanto opportuno allora, che è ancora oggi opportunissimo, avendo i romantici dato l’esempio della ribellione non solamente alla tirannia dei retori classici, ma anche a quella dei despotici reggitori degli Stati, per propugnare la libertà dei popoli e l’indipendenza delle nazioni. I problemi allora posti, e più tardi parzialmente risolti, aspettano dal presente regolamento di conti una soluzione più radicale, ed il Byron, italofilo ed austrofobo quando la patria nostra era una semplice espressione geografica, significò questi suoi sentimenti con argomenti degnissimi d’essere ai nostri giorni riletti e meditati.