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maria carolina di napoli 23


«sente» tutto, «prevede» tutto; vive molto «con sè stessa» ed è capace di esaminarsi «senza onta nè repugnanza». Lampi di verità, allora, la abbagliano: «Vorrei punire il delitto e perdonare gli individui; ma, come tutti i paurosi e codardi, noi crediamo che la crudeltà premunisca, e quella che esercitiamo, da cui repugnano gli stessi giudici che vi sono costretti, finisce con l’alienarci i pochi cuori rimasti affezionati». Paura e codardia: ella stessa pronunzia la sentenza tremenda: ma conoscersi, avere coscienza dei proprii vizii, non è il primo, il più gran passo sulla via dell’emenda? Sì, quando la passione non è più forte; e le passioni della Regina sono tutte più forti: l’orgoglio e la superbia prevalgono, il bisogno della vendetta è irresistibile, l’appetito del potere, la sete del dominio, la voluttà dell’intrigo, la vanità regale, il fanatismo feudale, l’odio contro la libertà dissipano i buoni propositi, i consigli della prudenza, le velleità di rinunzia.

Dieci, cento, mille volte, nella previsione delle catastrofi, in mezzo alle rovine, assicura che tutto è finito per lei, che un convento l’aspetta, che senza la religione si darebbe la morte, che «aborre e detesta» il suo mestiere di Regina esercitato malamente, che vuole rinunziare a quel «cane di mestiere», che intende d’ora innanzi vivere da privata compiendo «gli atti di virtù