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maria carolina di napoli 19

gio, perchè non vuol essere «compromessa», e se i detestati Francesi appariscono nelle acque di Napoli per imporsi alla città ed al regno, ella non tenta di opporsi, di far valere comunque la qualunque sua forza; al contrario: si piega, e piegandosi, vantandosi «onesta nel cuore», dichiara che aspetta di cogliere la prima occasione per mostrare il vero suo animo....

Questa potrebb’essere prudenza, e non sarebbe perciò da confondere con la viltà, tanto più che verrà la volta quando la Regina sarà temeraria e spingerà la monarchia alla rovina; ma nella mancanza di misura, precisamente, nel procedere così per pavide sottomissioni ed aggressioni spavalde, si rivela la mancanza di forza vera, di energia schietta e durevole, di resistente e indomabile coraggio. «Paura, paura e ancora paura», scrive nel giugno del 1794; «è orribile a dirsi, ma vero». Di questa paura che addebita ai circostanti, ella stessa è partecipe. Quando afferma: «Se dobbiamo perire, bisogna che ciò avvenga per disgrazia, e non per mancanza di energia e di coraggio»; quando dice che ha deciso di contendere il regno a palmo a palmo, di ritirarsi da Gaeta a Capua, a Napoli, a Salerno, a Cosenza, a Calanzaro, a Reggio, a Messina, a Palermo, ad Augusta, e che, sopraffatta in questo estremo rifugio, getterà con le proprie mani i suoi sette figli in mare e si precipiterà da ultimo dietro di loro,