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una politica sentimentale". E neanche la morte lo placa.

Prima di chiudere gli occhi, Federico III ha affidato il suo Diario alla moglie adorata; la quale, stralciate le pagine del 1870, le ha consegnate al consigliere Geffcken, uno dei sinceri amici del morto sovrano. Il consigliere, per onorare la memoria del suo signore e per appagarne l’espresso desiderio, pubblica quelle pagine sulla Deutsche Rundschau - e allora l’ira del Cancelliere non conosce più freno. La sua fortuna ha voluto che Federico III restasse ad agonizzare sul funebre trono novantanove giorni, durante i quali è mancata al moribondo, già muto per sempre, la forza, non che di effettuare, ma di semplicemente proclamare i suoi magnanimi proponimenti; sennonchè il morto, dal suo sepolcro, dalle pagine del postumo libro, li attesta ancora, li riafferma, e svela anche la tenace opposizione che gl’impedì di tradurli in atti. Fuori di sè, il Cancelliere impone che quella pubblicazione sia incriminata; quantunque certo dell’autenticità del Diario - "neanche un minuto ne ho dubitato" - vuole metterla in forse: "Non importa: bisogna trattarlo come se fosse falso", e minaccia di dimettersi se non si procederà giudiziariamente; chiede un minimo di due anni di lavori forzati contro l’editore; fa accusare il duca Ernesto di Sassonia-Coburgo, proprietario della Rundschau; fa imprigionare