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tutto naufragherà nella confusione del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto, del vero e del falso": avvenimento inevitabile, perchè già "la democrazia tedesca si è riconciliata con chi la calpestava". Non mancano i liberali, in quel paese, e credono anche d’esser padroni dell’avvenire; ma s’illudono. Non lasciano essi che l’unità della patria si compia con la violenza e le conquiste? Come possono dunque prometter nulla, "dopo la fatalità a cui si rassegnano?". Se questa fatalità dovesse un giorno ripresentarsi, "nulla impedirà che essi vi si rassegnino con più filosofia e più pazienza".

Quando si pensa come i Tedeschi si accordarono nel volere la guerra, sembra propriamente che Edgardo Quinet abbia letto nell’avvenire. Ma non c’è in lui, come non c’è in nessun uomo, la capacità di antivedere il futuro: c’è soltanto, come bene avverte il Gautier, "un senso più intimo delle realtà e delle grandi leggi storiche che si governano". La riprova è questa: che quando lo studioso non tiene conto di tutti i fatti, o quando le leggi sono troppo complesse, le sue previsioni non riescono altrettanto sicure. Fin dal 1842, ad esempio, egli preannunziava l’alleanza franco-russa: "Gli scrittori tedeschi vogliono proprio inimicare i due paesi - Francia e Germania - trascurando di pensare che una sola stretta di mano della Francia e della Russia potrebbe bene, all’occorrenza,