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annunziava all’amico che le cose erano molto mutate in Germania dacchè entrambi avevano lasciato quel paese, "e l’unità tedesca si prepara in modo così minaccioso, che non ho resistito al bisogno di descriverne i progressi inevitabili". Nella sua descrizione - un articolo intitolato: La Germania e la Rivoluzione - il Quinet nota che l’antica imparzialità e serenità, che l’apatia politica e la tendenza al cosmopolitismo hanno dato luogo in Germania ad una "nazionalità irritabile e collerica"; che la libertà non è tra i più urgenti bisogni di quel popolo; che il partito democratico, ed anche il demagogico, hanno fatto pace col Governo della Prussia dopo che questo ha dato al paese ciò di cui esso è ora cupido: "l’azione, la vita reale, l’iniziativa sociale", appagando "il repentino infatuamento per la potenza e per la forza materiale". Tra i governati e i governanti "c’è una secreta intesa per rimandare l’avvento della libertà e mettere in comune l’ambizione di conseguire la fortuna di Federico II". Il dispotismo prussiano è più minaccioso dell’austriaco, perchè non risiede soltanto nel Governo, "ma nel paese, nel popolo, nei costumi e nel portamento da parvenu dello spirito nazionale". Benchè preparati ad apprezzare l’efficacia delle idee, i Francesi si sono addormentati per quanto concerne "il moto dell’intelligenza e del genio tedesco": lo ammirano